HISTORIA MILITARIS ROMAE    

MODO DI COSTRUIRE LE GALEE

           Stele funebre del carpentiere Publio Longidieno (prima metà del I secolo d.C.); la parte inferiore della stele raffigura Publio                                   nell'atto di rifinire con l'ascia il fasciame di una nave. La nave è posta su alti sostegni e l'uomo è in piedi
                                                                                      sulla cassetta degli attrezzi.
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                                                                               (Cortesia Museo Nazionale di Ravenna - Ravenna-IT)


Modo di costruire le galee
(Vegezio A. M. V, 4)

Come nell'edificare le case si richiede la buona qualità della malta e delle pietre, a maggior ragione nel costruire le navi si deve ricercare con accortezza ogni elemento costitutivo, perché è maggior pericolo se sia manchevole una nave che una casa.
La galea, pertanto, si strutturi principalmente di cipresso o di pino domestico o silvestre, di larice e di abete, ed è più acconcio che sia unita con chiodi di rame che di ferro in quanto, anche se l'onere sembrerà molto più pesante, tuttavia esso risulta un guadagno se si tiene conto della maggior durata; infatti i chiodi di ferro, esposti al calore ad all'umidità, sono rapidamente corrosi dalla ruggine, mentre quelli di rame anche tra le onde conservano l'originaria consistenza.

Taglio del legname (Vegezio A. M. V, 5)
Si deve particolarmente curare che gli alberi con i quali si costruiscono le galee siano recisi dal quindicesimo al ventitreesimo giorno della fase lunare, per il fatto che solo il legname tagliato in questi giorni permane inattaccabile dal tarlo.
Se è tagliato in giorni diversi, sia pure nel medesimo anno, consumato all'interno dai vermi, si tramuta in polvere, come ci hanno insegnato la sapienza stessa e la costante sperimentazione di tutti i progettisti e come ci insegna la religione, per la quale fu d'uso commemorare quei giorni affidandoli all'eternità.

In quali mesi si tagliano le travi (Vegezio A. M. V, 6)
Si tagliano utilmente le travi dopo il solstizio estivo, vale a dire nei mesi di luglio e di agosto e nell'equinozio di autunno, cioè fino alle calende di gennaio, in quanto in questi mesi, essendosi asciugata l'umidità, il legno è più secco e perciò più resistente.
Si deve inoltre evitare che le travi non vengano segate subito dopo essere state abbattute, che appena sezionate non si adoperino per la nave, perché gli alberi ancora integri e quando siano ridotti in tavole hanno bisogno di un doppio processo di essiccazione per diventare asciutti.
Infatti se le tavole si assemblano quando sono verdi, una volta espulsa l'umidità che per natura hanno, si restringono e formano fessure più larghe; nulla è più cagionevole per i naviganti che una tavola verde.

Nome dei venti (Vegezio A. M. V, 8)
Chi trasporta l'esercito per nave deve saper riconoscere con anticipo gli indizi delle burrasche perché le galee molto spesso affondarono miseramente a causa delle tempeste e delle onde, piuttosto che per la violenza dei nemici; in ciò si deve porre a profitto tutta la saggezza della scienza naturale, in quanto dall'astronomia si deduce la caratteristica dei venti e dei fortunali.
E come nell'infuriare del mare l'accortezza salva gli esperti, così la sbadataggine uccide i poco avveduti.
L'arte nautica, pertanto, deve prima di tutto tener presente il numero e la denominazione dei venti.
Ma gli antichi, con riferimento ai punti cardinali, ritenevano che spirassero solo quattro venti principali dai diversi punti del cielo, però la successiva sperimentazione ne individuò dodici; di questi riferiamo, per derimere ogni perplessità, non soltanto i nomi greci ma anche quelli latini, in modo che, indicati i venti principali, daremo notizie su quelli che sono ad essi affiancati a destra ed a sinistra.
Cominciamo quindi dal solstizio di primavera, cioè dal punto cardinale "est", dal quale nasce il vento "afeliote", cioè il "subsolano"; a destra esso ha vicino il "grecolevante" o "coro", a sinistra l'"euro"o "volturno".
Il punto cardinale "sud" reca il "noto", cioè l'"austro", alla cui destra è il "leuconoto", cioè il "bianco noto" , mentre a sinistra è il "libonoto", vale a dire il "coro".
Il punto "ovest" è dominato dallo "zeffiro", che è come dire il "subvespertino", alla cui destra si unisce il "lips" o "africo", a sinistra il "giapice" o "favonio".
Al "nord" fu assegnato in sorte l'"aparzia" o "settentrione", al quale sono vicini a destra il "tarsia" o "tramontana" ed a sinistra il "boreo" o "aquilone".
Tali venti spesse volte spirano da soli, talora in due o anche contemporaneamente in tre durante le grandi tempeste; a causa del loro impulso i mari, che per natura sono calmi e tranquilli, imperversano con le onde tumultuose; con il soffiare di alcuni di essi, secondo le stagioni e le latitudini, dalla burrasca si passa al sereno e di nuovo questo si trasforma in tempesta.
Con il vento a favore la nave giunge al porto desiderato, con il vento avverso è costretta a sostare o a tornare indietro o ad esporsi a rischi.
Per questi motivi, chi ha studiato con diligenza la natura dei venti, difficilmente naufraga.

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